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Quei lampi-radio che arrivano dall'Universo profondo
Sulla rivista Science è uscito oggi un articolo che annuncia una scoperta in cui sono coinvolti quattro ricercatori dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Cagliari e dell’Università di Cagliari: si tratta di Andrea Possenti, Nicolò d’Amico, Marta Burgay e Sabrina Milia. La scoperta è stata frutto della collaborazione ormai ben rodata e finora estremamente produttiva tra astronomi di diverse nazioni, sparsi su tre continenti (Europa, Australia e America); in particolare, lo studio in questione è stato guidato da Dan Thornton, dottorando dell’Università di Manchester, nel Regno Unito.
Ma in cosa consiste questa scoperta, eccezionale al punto da meritarsi uno spazio su una rivista del calibro di Science? Si tratta dell’individuazione di quattro “Fast Radio Bursts” (FRBs), ovvero dei veri e propri lampi-radio provenienti dallo spazio, che vanno a costituire una classe totalmente nuova di eventi celesti. Sono in sostanza dei brevissimi impulsi di onde radio, della durata del millesimo di secondo, che possono manifestarsi in una qualunque zona del cielo. Per individuarli si usa perciò un radiotelescopio, l’equivalente di un’antenna satellitare ma su proporzioni decisamente più consistenti: in questo caso in particolare si è trattato dello strumento che si trova a Parkes, in Australia, una parabola di ben 64 metri di diametro dotata di grande fama a livello mondiale per l'enorme numero di scoperte che ha permesso di effettuare.
Naturalmente a questo punto e' scattata la ricerca dell’origine di questi lampi-radio: da che cosa sono prodotti? E quali sono i meccanismi fisici grazie a cui vengono emessi? Per trovare una risposta a queste domande ci vorrà ancora del tempo, ma già si stanno formulando delle ipotesi: sicuramente entrano in gioco grandi quantità di massa ed energia. Una cosa importante da considerare è che, in base al numero dei lampi già trovati, e' possibile stimare quanti di questi fenomeni avvengono al giorno: e sono circa diecimila (uno ogni dieci secondi!). Un numero incredibile, che va a rendere ancora più enigmatica la loro origine.
Dato il loro numero elevatissimo, ci si potrebbe allora chiedere come mai siano stati scoperti soltanto adesso; per rispondere bisogna tener conto del fatto che sono sì numerosi, ma sparsi su tutto il cielo e rapidissimi. Dunque il problema è che, data la vastità del cielo, per individuarne uno si deve essere talmente fortunati da puntare il radiotelescopio esattamente in quel momento in quel piccolo punto del cielo in cui il lampo si sta verificando. Come una vittoria alla lotteria? Quasi, ma in questo caso una mano alla fortuna la si può dare con un’opportuna strategia delle osservazioni: cosa che, come i risultati hanno dimostrato, ha portato i suoi frutti. La sfida adesso è riuscire ad aumentare parecchio il numero di quelli individuati e ad osservarli in tempo reale, perché tutto ciò aiuterà a comprenderne l’origine.
Comunque dalle osservazioni fatte si hanno già diverse informazioni interessanti; per esempio si sa che questi lampi-radio sono giunti sulla Terra da distanze enormi, di miliardi di anni luce, al punto che al momento della loro emissione l’Universo doveva avere appena metà dell’età attuale. Come lo si sa? Da un effetto in questo caso molto utile che si chiama dispersione. Nel percorso dalla sorgente che li ha emessi alla Terra, i lampi-radio hanno incontrato le particelle del cosiddetto mezzo intergalattico; tra una galassia e l’altra cioè non c’è il vuoto, come si potrebbe pensare, ma ci sono particelle di materia che vanno a formare gas e polveri (e probabilmente c’è anche della materia oscura). In particolare ci sono elettroni: queste particelle rallentano i lampi-radio nel momento in cui li incontrano, ma lo fanno in modo che il lampo ne esca un po’ “sparpagliato”. Per fare un’analogia: se i lampi-radio fossero lampi di luce visibile, dopo aver attraversato il mezzo intergalattico arriverebbe ai nostri occhi prima la componente di luce blu del lampo (rallentata in misura minore dagli elettroni), poi gli altri colori e infine la componente di luce rossa (quella maggiormente rallentata dagli elettroni). Da quanto risulta in ritardo la componente rossa rispetto a quella blu nel momento in cui la si riceve, si capisce quanti elettroni il lampo ha incontrato nel suo cammino e quindi, supponendo di sapere come questi elettroni sono dislocati nello spazio, la distanza da cui è arrivato.
In realtà si può fare anche il contrario, supponendo cioè di conoscere la distanza si può capire cosa ha incontrato il lampo nel suo percorso, e quindi la composizione del mezzo intergalattico. In sostanza significa usare i lampi come sonde: un metodo molto utile per investigare lo spazio profondo.
Per quanto riguarda il futuro, e' ancora troppo presto per sapere cosa riservera', ma all’Osservatorio di Cagliari si spera che il Sardinia Radio Telescope (l’antenna gemella per dimensioni a quella di Parkes e che sta entrando in questi mesi nella fase operativa), possa dare una mano a risolvere il mistero dei lampi-radio.
Leggi il comunicato stampa su Media Inaf
Leggi il comunicato ufficiale (in lingua inglese)
Guarda il video esplicativo (commento in lingua inglese)
Nell'immagine: il radiotelescopio australiano di Parkes (CSIRO), usato per questa ricerca, viene mostrato sovrapposto ad un'immagine che illustra la distribuzione di gas nella nostra Galassia. L'immagine mostra un lampo, di cui arriva prima la componente blu (visibile nella figura) della rossa, secondo il fenomeno della "dispersione". Questa e' caratteristica delle onde radio che viaggiano attraverso del gas elettricamente carico come quello che si trova nello spazio galattico e intergalattico. Crediti: Swinburne Astronomy Production
IL TEAM: La collaborazione internazionale e' composta da ricercatori dei seguenti istituti, oltre all'Osservatorio Astronomico di Cagliari e all'Universita' di Cagliari:
Osservatorio di Jodrell Bank dell’Università di Manchester (Regno Unito), Max-Planck Institute for Radio Astronomy (Germania), Swinburne University of Technology (Australia), Commonwealth Scientific and Industrial Research Organization (CSIRO, Australia), Australian Research Council Centre of Excellence for All-Sky Astrophysics (CAASTRO, Australia) e NASA Jet Propulsion Laboratory (Usa).
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