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5 FEBBRAIO 2016 ore 9:57
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Nuovi buchi neri di taglia intermedia scoperti grazie agli osservatori virtuali

Due nuovi buchi neri di massa intermedia (e 16 nuovi possibili candidati della categoria) sono stati scoperti dal gruppo di ricerca coordinato da Ivan Zolotukhin dell’Institut de Recherche en Astrophysique et Planetologie (IRAP) di Toulouse, in Francia.
Nuovi buchi neri di taglia intermedia scoperti grazie agli osservatori virtuali

Due nuovi buchi neri di massa intermedia (e 16 nuovi possibili candidati della categoria) sono stati scoperti dal gruppo di ricerca coordinato da Ivan Zolotukhin dell’Institut de Recherche en Astrophysique et Planetologie (IRAP) di Toulouse, in Francia, come riportato in un articolo pubblicato recentemente sulla rivista The Astrophysical Journal.

Sono ad oggi noti un gran numero di buchi neri, sia nella nostra galassia che lontano da essa.

I più grossi, detti buchi neri supermassicci, hanno masse fino a miliardi di volte il nostro Sole e si trovano al centro della maggior parte delle galassie note, compresa la nostra. Se ne conoscono qualche decina anche molto più piccoli (10-20 volte la massa del Sole), soprattutto nella nostra galassia, e si pensa che nascano dal collasso di singole stelle molto grosse alla fine della loro vita.

 

Molto più difficili da trovare sono i buchi neri di cosiddetta massa intermedia, 1000-100.000 volte più pesanti del Sole. Eppure sarebbero estremamente interessanti da studiare, come ci spiega Matteo Bachetti, Ricercatore del nostro Osservatorio e coautore della ricerca.

“I buchi neri di massa intermedia sono considerati i “semi” da cui si formano i buchi neri supermassicci, ma non sono facili da formare al giorno d’oggi. Si pensa che molti di essi siano ‘primordiali’, ovvero si siano formati durante le primissime fasi di vita dell’universo.

 

Essi infatti richiederebbero il collasso di stelle enormi, impossibili da formare nell’epoca attuale, ma presenti quando l’universo era giovane, oppure un processo molto lungo di accrescimento di materia per poter aumentare la massa fino a questi livelli”. Salvo che il processo di accrescimento non sia estremamente rapido, cosa che, come lo stesso Bachetti ha contribuito ad appurare, potrebbe essere un’altra possibile chiave per la crescita rapida di questi buchi neri.

Questi oggetti di massa intermedia, quindi, rappresentano un importante ingrediente nella comprensione dell’evoluzione dei buchi neri supermassicci e, di conseguenza, delle galassie. Sono però tradizionalmente molto complicati da trovare, tanto che ad oggi se ne conoscono solo una manciata. “Il problema non è certo il fatto che non siano brillanti, anzi, sono tra le sorgenti più luminose e possono essere viste dai satelliti ai raggi X oggi in orbita. Purtroppo sono in genere molto lontani, ed è difficile distinguerli da sorgenti di raggi X di altro tipo che magari si trovano a distanze diverse“ dice Bachetti.

 

Ma tra gli archivi di dati astronomici disponibili in rete si nasconde una miniera d’oro, e Ivan Zolotukhin lo sa. Grazie alla sua conoscenza degli archivi degli osservatori di tutto il mondo e la sua abilità nell’uso dei database noti come Virtual Observatory, osservatori virtuali, è riuscito a mettere in relazione i dati del satellite ai raggi X XMM-Newton con quelli di telescopi radio, infrarossi e ottici, e a trovare la chiave per distinguere questi buchi neri intermedi da quelli di altro tipo. Il risultato finale sono due nuovi buchi neri di massa intermedia e 16 molto probabili nuovi membri della categoria. Ulteriori osservazioni a diverse frequenze sono state richieste per confermare la natura di questi oggetti.

 

“Questa ed altre scoperte recenti (una delle quali pubblicata sulla prestigiosa rivista Science da Igor Chilingarian e lo stesso Zolotukhin , n.d.r), dimostrano inequivocabilmente quanto sia importante facilitare la condivisione dei dati astronomici. Oggi le tecniche di Virtual Observatory permettono di fare scoperte importanti in dati che, magari, erano stati ottenuti per studi totalmente diversi e giacevano quasi inutilizzati. Spero che sempre più Osservatori riescano a cogliere questa opportunità e mettano a disposizione i loro dati d’archivio in questo modo.”, commenta Bachetti.